Il rapporto che si stabilisce, durante l’esistenza, con il luogo in cui viviamo è la condizione appena sufficiente per elaborare col tempo, delle considerazioni e delle riflessioni sulla nostra perfettibile realtà comunicativa e relazionale.
L’obiettivo è quello di scoprire le peculiarità legate alla qualità di vita che, quel particolare ambiente, ci permette di svolgere. Pertanto più conosciamo le caratteristiche e l’intensità delle relazioni che stabiliamo con il nostro ambito naturale e maggiori sono i vantaggi che ne possiamo trarre. Con il tempo sentiamo specializzarsi quell’attitudine che meglio ci consente di percepire, se non addirittura di prevedere, le evoluzioni e/o le trasformazioni inerenti i criteri di discernimento utili alla nostra crescita; praticamente scandagliamo, per arrivare alla migliore soluzione tra i nostri ‘paesaggi’ emozionali preferiti.
Quando poi scopriamo che il luogo in cui abbiamo vissuto o viviamo costituisce già da sé, la ‘tavolozza’, alla quale faremo riferimento per le nostre (tonalità) implicazioni conoscitive, comprendiamo come l’originale ‘impronta artistica’ quindi comunicativa, possa acquisire, costantemente un suo modo di valorizzare la propria identità, differenziandola e adoperandola per elaborare e riaggiornare il concetto del nostro salubre tempo ‘presente’.
Sono queste precise e ben identificate potenzialità che Stefania Rizzo adotta trasformando i suoi ‘paesaggi’ in una complessa strumentazione di ‘misurazione’ emozionale.
L’artista, con il suo coinvolgente ed appassionato lavoro, ha nel tempo affinato un segno che, passando dalle molteplici densità espressive dell’arte moderna, giunge a caratterizzarsi e distinguersi con un ‘gesto’ sorprendentemente personale.
Quel ‘gesto’, in Stefania Rizzo, si realizza perlopiù quando traccia forme essenzialmente libere, dalla densità granulare, instabile, materica, esprimendosi con un linguaggio inquieto, non lineare, evidentemente introspettivo, privato, in-formale.
L’esperienza iniziale dell’artista nel design, poi la conseguente scelta della pittura come componente comunicativa principale, le ha permesso, specialmente negli ultimi lavori, l’implicazione matura di un’energia penetrante ed efficace, idonea ad applicare un gesto al pigmento come misura della sua visionaria realtà. L’intera composizione risulta arricchita di segni e colori, di stoffe e lamiere arrugginite, di tratti marcati o combusti su tela di juta. L’ostinazione e la caparbietà della sperimentazione è una costante di Stefania Rizzo, ed è proprio il lavoro su materiali diversi che ha portato l’artista a provocare interazioni tra corpi e pigmenti per produrre espressioni alternative, osservandone poi i molteplici impatti.
Come fossero dei luoghi vissuti, ha imparato ad ascoltarli con una precisione non conforme.
Lunghezza, altezza, spessore, la misura del mondo è dunque il senso che l’artista chiama mâtram , come la componente dell’azione di cui ella dis-pone e che intra-prende, quando decide di fuggire col ‘gesto’, dalla dimensione del reale e dalla rappresentazione fin troppo illusoria ‘del vero’.
Il linguaggio informale giunge come conferma; esso è la necessità di una sublimazione del processo creativo, passando dall’oggetto usurato dal tempo e ‘rifiutato’ che concettualmente torna alla sua origine, al suo primo ‘tono’ e, per un complesso gioco di riduzione, ad altro ‘essente’. Un abbozzo su carta, uno schizzo, l’idea che emerge ribollendo di colore sollecita, ma è il ‘gesto’ che rivela la natura del senso ‘trascendente’ dell’opera, le sue graffianti tracce. I suoi segni irregolari suggeriscono il grado di complessità informale; l’artista è dunque interprete del superamento evolutivo della materia del colore che proprio con il gesto torna a ‘respirare’, ‘risorgere’ dando sostanza e vigore alla pittura.
Stefania Rizzo dunque arricchisce di emozioni l’ampia tavolozza che si è conquistata come risultato della sua storia e mantiene alta l’attenzione sui risultati del confronto continuo tra gesto e colore, a conferma dell’attributo visionario che questa direzione riserva a chi è pronto ‘sensibilmente’ a comprenderla.

(Paolo Marzano)

The relationship that we establish, during our existence, with the place where we live is the condition just sufficient to elaborate over time, considerations and reflections on our perfectible communicative and relational reality. The aim is to discover the peculiarities linked to the quality of life that, that particular environment, allows us to live. Therefore, the more we know about the characteristics and intensity of the relationships we establish with our natural environment, the greater the benefits we can draw from it. With time we feel specialising that aptitude that better enables us to perceive, if not even to foresee, the evolutions and/or transformations inherent in the discernment criteria useful to our growth; we practically, probe to arrive at the best solution among our preferred emotional ‘landscapes’. When we then discover that the place in which we have lived or live already constitutes by itself, the ‘palette’, to which we will refer for our (tonal) cognitive implications, we understand how the original ‘artistic imprint’, therefore communicative, can constantly acquire its own way of enhancing its identity, differentiating it and using it to elaborate and refresh the concept of our healthy ‘present’ time. It is these precise and well identified potentialities that Stefania Rizzo adopts by transforming her ‘landscapes’ into a complex instrumentation of emotional ‘measurement’. The artist, with his engaging and passionate work, has over time refined a sign that, passing through the multiple expressive densities of modern art, comes to characterise and distinguish itself with a surprisingly personal ‘gesture’. That ‘gesture’, in Stefania Rizzo, is mostly realised when she traces essentially free forms, with granular, unstable, material density, expressing herself with a restless, non-linear, evidently introspective, private, in-formal language. The artist’s initial experience in design, then the consequent choice of painting as her main communicative component, has allowed her, especially in her latest works, the mature implication of a penetrating and effective energy, capable of applying a gesture to pigment as the measure of her visionary reality. The entire composition is enriched with signs and colours, rusty cloth and sheet metal, marked strokes or burns on jute cloth. The obstinacy and stubbornness of experimentation is a constant for Stefania Rizzo, and it is precisely the work on different materials that has led the artist to provoke interactions between bodies and pigments in order to produce alternative, expressions and then observe their multiple impacts. As if they were lived places, she learnt to listen to them with non-conforming precision. Length, height, thickness, the measure of the world is thus the sense that the artist calls mâtram, like the component of the action that she dis-poses and that she glimpses, when she decides to escape with ‘gesture’, from the dimension of the real and from the all too illusory representation ‘of the real’. The informal language comes as a confirmation; it is the necessity of a sublimation of the creative process, passing from the object worn out by time and ‘rejected’ that conceptually returns to its origin, to its first ‘tone’ and, by a complex game of reduction, to another ‘essence’. A sketch on paper, a sketch, the idea that emerges seething with colour urges, but it is the ‘gesture’ that reveals the nature of the ‘transcendent’ sense of the work, its scratchy traces. Her irregular signs suggest the degree of informal complexity; the artist is thus the interpreter of the evolutionary overcoming of the material of colour that precisely with the gesture returns to ‘breathe’, to ‘resurrect’, giving substance and vigour to the painting. Stefania Rizzo therefore enriches the broad palette that she halt of her history with emotions and keeps the focus on the results of the continuous confrontation between gesture and colour, confirming the visionary attribute that this direction reserves for those who are ‘sensitively’ ready to understand it.

(Paolo Marzano)